• Di sentiero in sentiero ... camminando e scollinando
  • Un giorno tra i sentieri di Pietra de' Giorgi
  • Ripensando la via dei pellegrini da Varzi a Passo Monte Penice Bobbio
  • Noi pellegrini in Valle Versa
  • Il sentiero delle querce
  • L'Arvinà, un antico sentiero

Sentieri canneto 1

Quante emozioni!   Quanto divertimento!
Indagini dirette ed uscite sul territorio in compagnia dei "grandoni" di classe quinta ( i nostri tutor o meglio i nostri "sorveglianti speciali") ed un'esperta guida locale ci hanno permesso di conoscere i sentieri "Solinga" e "Fontana" osservando tutti gli elementi presenti e ascoltando suoni e rumori nelle frazioni Costa Mezzana, Solinga e Cavè.
Con occhietti attenti e orecchie "paraboliche" nulla ci è sfuggito: dalla quercia al noce, dalle viti ai pini, dai giardini agli orti, dai campi ai fondi asfaltati, acciottolati, sterrati, dai trattori alle zappatrici ...
Attraverso un'applicazione installata sul tablet che ci siamo passati di manina in manina abbiamo conteggiato più di 3000 passi ed in classe abbiamo poi realizzato molte mappe colorate e creative fedeli ai mappali comunali consultati.
Queste immagini mostrano alcuni dei nostri lavori mentre il video allegato testimonia le divertenti uscite.

 

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La storia continua... il prossimo anno.
Non vediamo l'ora!

© Scuola Primaria di Canneto Pavese 

 

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© Scuola Primaria di Pietra de' Giorgi

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colombano 1

In una primaverile Domenica di fine Marzo inizi Aprile, pensando al lavoro didattico da impostare e lavorare con i nostri alunni di 4 e 5 sull’ U.D.A. del pellegrinaggio e dei pellegrini nella Valle Versa, pensammo di intraprendere un viaggetto nei pressi di Varzi per vedere se per curiosità la zona di Varzi – passo del monte Penice potesse essere inerente l’argomento trattato e quindi potessimo trarre dei collegamenti proficui e arricchenti sia da un punto di vista informativo, materiale didattico e di valorizzazione spirituale e culturale del nostro territorio dell’ Oltrepo. Tutto ciò lo traemmo dalla riflessione che avemmo inerente la divisione territoriale della nostra Diocesi e cioè: fino a Varzi è Diocesi di Tortona, Menconico è già Diocesi di Bobbio. Riflettendo su questo aspetto e sapendo che Bobbio fu il cuore della spiritualità durante il periodo dei pellegrinaggi verso Roma e Gerusalemme, deducemmo che molto probabilmente il Monte Penice ci avrebbe dato collegamenti e informazioni assai proficue e utili le quali sarebbero tutte confluite sulla via Romea che attraversa i territori della Valle Versa. Ebbene l’idea si trasformò subito in pratica e così partimmo da Voghera direzione Varzi, Menconico, Passo del Penice. Appena arrivate al passo del Penice ci si aprì un capolavoro di spiritualità e il primo che ci accolse fu proprio San Colombano presente nel centro della piazza del Monte Penice.

colombano 4

 Il Passo Penice

Il Passo del Penice (1.149 m), è un valico dell’Appennino Ligure in provincia di Piacenza ed è sopra Varzi, nel Comune di Bobbio, dove c’è San Colombano, santo patrono e protettore dei motociclisti che accoglie chiunque arrivi in questo luogo. L’ itinerario è quindi storico e spirituale, si intreccia alle vicende degli ordini monastici e porta alla scoperta di monasteri e santuari costruiti nei secoli scorsi. Per arrivare a questo Passo si sale verso il bivio dei tre passi, imboccando, dopo una divertente salita di stretti tornanti, la strada per il Passo del Penice. A un certo punto la strada si spiana e si percorre un tratto fra alti pini che fa quasi pensare di essere sulle Alpi, piuttosto che sull’Appennino.
Finalmente si arriva nel piazzale del passo del Penice, una grande piazza rettangolare posta sul lato lungo, con un bar ristorante all’ingresso dello spiazzo, e poi, appunto, verso il fondo, l’imponente statua del monaco irlandese: San Colombano.

San colombano

Arrivate, ci avvicinammo sotto la statua, per leggere cartelli e targhe. Sopra una struttura che sembra un globo, si erge la statua bianca di San Colombano, il cui nome è riportato su una targa ai piedi del monumento, che è stato inaugurato il 23 Novembre 2002, data in cui, nella vicina Bobbio, si festeggia il Santo che fondò chiese e monasteri in tutta Europa, tanto da essere definito da Papa Benedetto XVI un “santo europeo”, poiché parlò di un unico popolo europeo.  A Bobbio egli fondò il monastero di San Colombano, assolutamente da visitare, magari nei giorni della festa.
Colombano è uno dei rappresentanti del mondo monastico che danno origine a quella 'peregrinatio pro Domino', che costituì uno dei fattori dell'evangelizzazione e del rinnovamento culturale dell'Europa. Dall'Irlanda passò (c. 590) in Francia, Svizzera e Italia Settentrionale, creando e organizzando comunità ecclesiastiche e fondando vari monasteri, alcuni dei quali, per esempio Luxeuil e Bobbio, celebri per gli omonimi libri liturgici. La regola monastica che codifica la sua spiritualità è improntata a grande rigore e intende associare i monaci al sacrificio di Cristo. La sua prassi monastica ha influito sulla nuova disciplina penitenziale dell'Occidente. (Mess. Rom.)
Patronato: Motociclisti
Etimologia: Colombano = dolce, delicato
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: San Colombano, abate, che di origine irlandese, fattosi pellegrino per Cristo per istruire nel Vangelo le genti della Francia, fondò insieme a molti altri monasteri quello di Luxeuil, che egli stesso governò in una stretta osservanza della regola; costretto all’esilio, attraversò le Alpi e fondò in Emilia il monastero di Bobbio, celebre per la disciplina e gli studi, dove, benemerito della Chiesa, morì in pace e il suo corpo fu deposto in questo giorno. 

 colombano 2

Il Santuario fra le nuvole

Prima di scendere verso Bobbio, salgo ancora un pò, e imbocchiamo una stradina che, dopo pochi chilometri, ci porta al Santuario di Santa Maria in Monte Penice, che si trova sulla vetta del monte Penice a 1.460 m. di altezza. La seconda domenica di settembre si svolge puntualmente la Festa del Penice, che prevede l’usanza di pranzare sui prati attorno al Santuario, che da tanto tempo rappresenta una meta di pellegrinaggi ed escursioni a piedi o a cavallo. Un cartello ricorda infatti che ci troviamo lungo le vie della fede in Lombardia. Siamo infatti in un punto di confine, in cui il Comune di Bobbio (provincia di Piacenza e Regione Emilia Romagna) confina con quello di Menconico ( provincia di Pavia e regione Lombardia).

colombano 3

Pare ci sia anche un antico sentiero chiamato “Sentiero medioevale per il Santuario del Monte Penice” che da Bobbio sale fino al santuario. Un giro intorno alla costruzione sacra consente di godere di un panorama eccezionale, che spazia dall’alta Val Tidone alle colline dell’Oltrepò, dalla pianura padana alle Alpi Centrali.
Proseguendo il cammino troviamo questi cartelli che confermano esattamente ciò che era partita come un’ ipotesi che ora si trasforma in certezza. Anche da questa parte dell’ Oltrepo ci si collega alla via Francigena o detta Romea e proseguendo con queste indicazioni si arriva a Bobbio, il cuore della spiritualità monastica, passando parallelamente nei pressi delle strade della Valle Versa chiamate la via degli Abati. 


© Istituto Comprensivo di Santa Maria della Versa

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“Un pellegrinaggio è l’atto volontario col quale un uomo abbandona i luoghi conosciuti, le proprie abitudini e il proprio ambiente affettivo per recarsi in religiosità di spirito fino al santuario che si è liberamente scelto o che gli è stato imposto dalla sua penitenza. Dal contatto col corpo del santo egli attende che sia esaudito un suo desiderio e di ottenere un approfondimento della propria vita personale.” (R.Oursel)

Sin dal Medioevo il pellegrino era mosso dalla speranza di recuperare una salute alterata per sé o per una persona cara o per spirito di penitenza.
Egli era vestito di un lungo mantello a forma, appunto, di pellegrina che lo copriva dalla testa ai piedi con un cappuccio o un cappello rotondo a proteggergli la testa sul quale, ancora oggi, vengono spesso attaccati simboli identificatori. Porta infine un bordone, un bastone da marcia, una bisaccia e un rosario. Egli viaggiava senza mezzi affidandosi alla carità e all’ospitalità altrui.
Lungo le strade e i sentieri sorsero gli “ospizi”, vocabolo poi trasformato in “ospedali”, come luogo di accoglienza e di ospitalità sia per i pellegrini che per i monaci e cavalieri che percorrevano questi tragitti. Infatti, ogni monastero aveva annesso degli ospitales (xenodochi) per il ricovero dei poveri, dei malati e dei pellegrini. Secondo le regole monastiche che limitavano l’ospitalità ai tre giorni, gli ospiti pellegrini vi dovevano essere accolti con preghiere e benedizioni, e qui essi vi potevano riposare solo per due giorni, dopo di che erano tenuti alla collaborazione in qualche attività o andarsene.

pellegrini 0

La Romea o Via Francigena in Valle Versa

Il vocabolo peregrinus, derivante da per, “attraverso”, e ager, “campo”, letteralmente colui che attraversa i campi, indicava una persona sconosciuta, ossia uno straniero, un viandante.
L’asse portante dei flussi di pellegrini era rappresentato dalla strada Romea, via Francigena anch’essa, cioè strada che veniva dalla Francia o che vi andava sulla quale camminavano i pellegrini franchi.
I viaggi erano pieni di imprevisti e pericoli. Si viaggiava in stato di precarietà a piedi, lungo sentieri in terra battuta, in assenza di ponti si attraversavano a guado fiumi e torrenti, con frequenti deviazioni per evitare luoghi infestati dai briganti. Lungo la strada i pellegrini incrociavano altri viandanti come loro, ma pure vagabondi e briganti.
Molti sono stati i santi pellegrini, anonimi viandanti divenuti eremiti o morti lungo il cammino, a cui sono state dedicate cappelle sorte sulle loro sepolture, poste, come San Colombano, San Contardo...
La strada del “Barocius” (vocabolo latino che identifica il carro agricolo a due ruote trainato dai cavalli) di Monteveneroso, ossia la via di costa (oggi strada Roncotti) è una strada mulattiera, che veniva percorsa oltre che da carrettieri anche da romei o pellegrini diretti a lontane destinazioni, ossia il tragitto era uno delle diverse vie in alternativa alla strada Romea o Francigena pedecollinare, come è chiamata da alcuni studiosi in dialetto “La Rumera”, oggi nota come via Emilia.

pellegrini 4

Oltre alla Romea, esistevano in Oltrepò anche percorsi che da Pavia conducevano all’Appennino in direzione di Genova, porto di imbarco per la Terrasanta. Queste erano le strade che attraverso le valli del Coppa, dello Scuropasso (percorso noto ai bronesi come “strà mulattera”), del Versa, del Bardonezza e del Tidone conducevano all’Appennino e a Bobbio e da qui, oltre che a Genova, la cosiddetta Via degli Abati, che da Bobbio si snodava sull’appennino e attaversava la Toscana. Il nome Via degli Abati, deriva proprio dal suo utilizzo da parte soprattutto degli abati del monastero di Bobbio, diretti a Roma e anche dagli altri monaci provenienti dalla svizzera e dalla Germania che privilegiavano il transito da Bobbio per pregare sulla tomba del Santo prima di proseguire verso Genova o la Toscana.
Questi pellegrini trovavano nell’abbazia di Bobbio, oltre alla tomba del Santo e all’ospitalità, una bevanda a loro particolarmente gradita. Al pellegrino non gli erano mai negati pane e acqua o pane e vino di rimando evangelico. Pare che il monastero di San Colombano fosse celebre anche per la produzione della birra “la gervogia”, tanto che il santo irlandese è protettore dei vignaioli e dei birrai, e abbia introdotto lui stesso il sistema di preparazione della birra nei monasteri da lui fondati.
In questo contesto ebbe rilevanza la Valle Versa, intesa come intera vallata a partire dal punto in cui nasce il torrente Versa sotto Canevino sino alla sua confluenza nel Po a Portalbera. Era questa una dei possibili percorsi romei, insieme alle altre valli oltrepadane e del Tidone, percorse dai pellegrini diretti a Bobbio.

 pellegrini 3

Il pellegrino, una volta traghettato il Po, dietro pagamento di un pedaggio che sarebbe andato al vescovo di Pavia, perveniva sulla sponda di San Cipriano o Portalbera, ove il fiume riceve le acque del fiume Versa. Qui egli poteva trovare ospitalità presso l’ospedale di S.Maria di Portalbera, fondato nel 1114, che sarebbe stato il primo ospedale stradale del territorio pavese.
Oltre il predetto ospedale, sulla via Romea, entrando in Valle Versa, questa volta sulla riva destra del torrente Versa, si incontrava la chiesa campestre di S.Zeno, eretta dai monaci benedettini pavesi e, ai piedi delle colline fra Stradella e Montù Beccaria, quella di S.Andrea. Ciò dimostra che anche le chiese rurali sparse sul territorio, potevano fungere, in caso di necessità, da ricovero provvisorio. Proprio a motivo di poter alloggiare i pellegrini di passaggio, un tempo diverse chiese disponevano di un portico sotto cui potersi riparare. Inoltre non avevano portali in legno ma tutt’al più una tenda a riparo del loro ingresso, ed erano aperte giorno e notte.
Sul versante sinistro del Versa nei pressi di Stradella, in posizione collinare, si trovava la nota basilica di S.Marcello in Montalino. Essa era collegata al torrente Versa mediante una strada derivata dalla Romea che probabilmente toccava la cappella di S.Giacomo, dedicata al santo protettore dei pellegrini e posta nei pressi dell’attuale scuola media.
Dalla valle versa era poi possibile giungere in valle del Tidone per cammini intervallivi, lungo i quali transitavano i pellegrini di S.Giacomo. Si ipotizza che si saliva da Soriasco, Pizzofreddo e poi per la strada della Costa, oppure da Golferenzo o Volpara per Vicobarone, Ziano Piacentino e ricongiungersi alla via Francigena in Val Tidone. Questa si sovrapponeva ad un antico percorso romano noto come via dei Pellegrini. Su questa strada, nei pressi di Torrone, un podere agricolo porta il nome de la “Cumpustela” che si collega in modo esplicito al percorso di S.Giacomo a Santiago de Compostela.
Per collegarsi al Tidone e quindi alla val Trebbia si poteva, inotre, risalire verso l’alta val Versa passando da Montecalvo Versiggia, Caseo fino a Canevino, quindi Ruino e il santuario di Montelungo dove si incontrava un’altra strada percorsa dai pellegrini, quella della val Coppa che andava in vallescuropasso, per poi proseguire da Camminata a Nibbiano verso la val Trebbia.
Nel Seicento le strade della vallata erano diventate insicure per la presenza dei banditi, comunemente detti “i balòss”, per questo erano presenti una fitta trama di altre carrarecce, mulattiere e sentieri collinari trasversali alla valle che venivano percorse in alternativa alla Romea sia da pellegrini che da contadini.

pellegrini 2

Una di queste è quella detta la piacentina, che metteva in comunicazione le colline sopra Castel San Giovanni che da Creta e Vicobarone collegavano la valle Versa attraverso il crinale montuese di Bergamasco e da Loglio, casa Colombi nei pressi della quale c’era il castello di Figaria e Castana si collegavano alle valli del rio Pulice e dello Scuropasso, che risalendo da Cigognola e Pietra de’ Giorgi si ricollegavano alla via Romea (attraverso la chiesa di Castagnara, le località di Case Pelosini e Pozzo, equidistanti dai castelli di Pietra e Cigognola.
Al castello di Castana, in epoche medievali, si teneva il mercato, luogo di attrazione commerciale e da cui passavano anche i pellegrini provenienti dalle chiese campestri della media valle Versa, da Montarco, Cella dove esisteva una chiesa dedicata a S.Colombano, Francia per recarsi attraverso la strada detta della Colomba in direzione Broni.
Un’altra derivazione della piacentina era la strada che dalle colline piacentine arrivava in Valle Versa e poi risaliva da Ca’ d’agosto in direzione Cassinassa e Casa Colombi, arrivava a Castana, con la sua chiesa un tempo dedicata a S.Maria e poi a S.Andrea apostolo, con Montarco con il castello e chiesa dei Santi Nazario e Celsio, e Cella sede probabile dell’oratorio di S.Colombano con annessa chiesa campestre dedicata al Santo, proseguendo si poteva poi salire dalla strada di costa delle Filippine in direzione di Francia con la chiesa di S.Martino, Montecalvo e Canevino e quindi l’alta valle Versa.
Queste strade alternative venivano usate in dipendenza di eventi naturali o politici che causavano problemi di insicurezza al transito lungo la strada principale Romea.

pellegrini 1

Dalla frazione Tassarole di Montù incominciava la strada della Guardia, probabilmente prendeva il nome dalla Torre della Guardia lì localizzata, distrutta dai piacentini nel 1216 scendeva lungo il versante fino al Versa e da Beria risaliva verso Torre Sacchetti e proseguiva per Montebruciato fino a Stradella lungo i sentieri della valle Solinga, della Fontana in direzione Stradella. Da Canneto, attravero la costa di Fornace, si giungeva a Colombarone e quindi allo Scuropasso e a Broni.
C’era poi la via pubblica consistente nelle mulattiere che scendevano dalle colline fino in valle tra Loglio di Sotto e Begoglio e passava più a monte della provinciale attuale per Bolzo e i due Ruinello per terminare più in alto a Cà Cristina. Tra cà del Frate e le vicine località Ruinello, era localizzato l’Hospitale de Betlem, sul lato sinistro del Versa.
In val Versa era possibile la presenza di uno Xenodochio o ospitales di San Benedetto che vaceva parte del monastero di S.Colombano di Bobbio ed un altro xenodochio nei pressi di Begoglio.


© Istituto Comprensivo di Santa Maria della Versa

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querce 1

E’ un percorso di circa 7 chilometri, che interessa una strada interpoderale, un tratto di provinciale ed una strada comunale declassata.
Parte dalla scuola, sita in via Moravia di Santa Maria della Versa e termina presso la piscina comunale.
Sul percorso si notano tante specie botaniche, ma in particolare svettano le querce, che hanno permesso di denominare il percorso “Il sentiero delle querce”.

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© Scuola Primaria di Santa Maria della Versa

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Mappa del sentiero

 

Sentiero Arvinà

© Scuola Primaria di Montù Beccaria

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  • Raccontiamo... con un click
  • Ad occhi aperti
  • Cecima
  • Cucina e tradizione a Montù
  • Due anni di lavoro....alla scoperta del nostro territorio
  • Finestre
  • Giocare con la biodiversità
  • Il castagnaccio
  • Il re che non badò a sè - La leggenda dei luoghi abbandonati e dello spirito della festa
  • L'ascia d'oro - La leggenda degli alberi parlanti
  • La caccia al tesoro - Eternlandia, la città eterna
  • La pietra dell'ignoranza - La leggenda degli avventurieri alla ricerca della conoscenza
  • Montù Beccaria
  • Osservatorio Planetario astronomico di Cecima
  • Passeggiando alla scoperta del nostro territorio
  • Passeggiando per le vie di Montù Beccaria
  • Racconti di famiglia
  • San Ponzo
  • Sant'Alberto
  • Tra le mura e il mulino… qualcuno s’infarina
  • Una ciliegia tira l’ altra che un’altra ne tirò…
  • Val di Nizza, il sentiero delle Carbonaie

raccontiamoci 1

Con l’utilizzo di un'accattivante strumentazione tecnologica gli alunni di classe 5^ hanno realizzato una narrazione multimediale.
Mixer, tastiere, microfoni, casse, computer, cavi, cavetti, ricerche, fantasia, riscoperta del dialetto locale ... sono stati gli ingredienti dell'entusiasmante progetto allegato.
Buon ascolto!

© Scuola Primaria di Canneto Pavese 

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Gli alunni hanno fotografato il “loro” paesaggio, focalizzando l’attenzione sugli elementi ritenuti maggiormente significativi; è stato chiesto di includere, tra i luoghi fotografati, il “posto più bello”, i posti dove ci si incontra, i posti che suscitano emozioni o ricordi.
Questa attività è stata seguita da un momento di condivisione, durante il quale gli alunni, simulando il percorso di una mostra, hanno scelto e commentato un’immagine; in un secondo momento è stato aggiunto il commento dell’autore della fotografia.
“Ad occhi aperti” è il risultato di questa esperienza, è uno spazio di condivisione in cui tutti hanno avuto la possibilità di dar voce alle loro emozioni o semplicemente di raccontare esperienze personali.
Hanno espresso il loro punto di vista e ascoltato quello degli altri; hanno guardato con “occhi nuovi” un paesaggio che ha volte danno per scontato…


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© Scuola Secondaria di Pometo

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cecima 1

Sono stati realizzati i video delle escursioni effettuate sul territorio per mettere in evidenza le bellezze naturali del paesaggio e quelle artistiche della chiesa romanica dei Santi Martino e Lazzaro che potete visualizzare sul Padlet


© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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Angiulè, bel angiulè

angiule

La notte di Natale i bambini aspettavano trepidanti l’arrivo di Gesù Bambino con i doni e preparavano una ciotola di latte e una fascina di fieno per l’asinello, recitando insieme alla nonna alcune preghiere, di cui questa e’ un esempio.

© Scuola Primaria di Montù Beccaria

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© Scuola Primaria di Montù Beccaria

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finestre 1

Questo percorso tra il sensoriale e il narrativo che inquadra alcune sfaccettature della Val Versa, scandito dalle stagioni, da angoli di campagna, di paesaggio, di luoghi consueti e conosciuti, scelti emotivamente dai ragazzi dal loro mondo, intreccia e tesse le esperienze di una classe multiculturale come ormai ce ne sono tante, ma al tempo stesso fonde e scambia il patrimonio emotivo di ognuno, di chi qui è nato e di chi è arrivato in seguito.
Ciò che risulta da questo fondersi di visuali diverse, affettive, rievocative, estetiche, è che, a parte un caso di integrazione assai recente, che ancora è stimolato al confronto tra il paesaggio di ieri e quello di oggi, la prospettiva di chi è “straniero” di nascita non è poi tanto diversa da quella di chi è nativo. Spesso infatti i ragazzi hanno diluito talmente tanto la distanza rispetto alla terra d’origine, da non operare grosse distinzioni o confronti: il territorio che più loro è familiare, in molti casi dagli anni dell’infanzia, è quello che li ha accolti e il paesaggio d’origine sfuma come terra remota, i riferimenti ad esso sono ormai impercettibili.

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© Scuola Secondaria di Santa Maria della Versa

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Un tempo, quando non si compravano i giochi, la natura era il luogo dove ci si divertiva.
I bambini e le bambine, a partire dai rami, dai semi, dalla terra, dai fiori, si costruivano i giochi da sé.
Abbiamo riscoperto dei giochi del passato che venivano fatti in Oltrepò e vi proponiamo dei tutorial realizzati da noi per imparare a farli….

Zufolo

Biglie

Volano

© Scuola Primaria di Canneto Pavese

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Nell’ambito del Progetto “Il sentiero delle fontane; storie di acque, di lupi e di castagni”, seguendo scrupolosamente un’antica ricetta della tradizione, gli alunni della scuola primaria di Ponte Nizza hanno fatto un ottimo Castagnaccio che hanno consumato come merenda durante l’intervallo. Il dolce “povero” realizzato con ingredienti che anche i nostri più poveri contadini potevano permettersi perché a costo 0, ha conquistato anche i bambini di oggi con il suo antico sapore di bosco.

© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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© Scuola Secondaria di Montù Beccaria

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© Scuola Secondaria di Montù Beccaria

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© Scuola Secondaria di Montù Beccaria

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© Scuola Secondaria di Montù Beccaria

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Il progetto rappresenta un punto di partenza per costruire un più attento e solido rapporto con il luogo di vita: per gli italiani potrà trattarsi di imparare a guardare con occhi nuovi un paesaggio, probabilmente dato per scontato, oppure di consolidare il proprio senso di appartenenza e la propria identità; gli stranieri avranno la possibilità di conoscere meglio il paesaggio che li circonda e di esprimere la propria opinione, da protagonisti attivi e spesso da osservatori più attenti dei coetanei autoctoni.
L’uso della fotografia è importante perché focalizza lo sguardo essenzialmente sul paesaggio locale, mirando ad accrescere le conoscenze dei ragazzi, ma soprattutto a farli riflettere sul fatto che ogni persona attribuisce valore al paesaggio in modo diverso (in primis sulla base della propria cultura, ma non solo). Il paesaggio “appartiene” a tutti coloro che lo vivono: ogni soggetto che lo percepisce e vi si rapporta – sia a livello del singolo individuo che di collettività – ha quindi un proprio punto di vista su quel paesaggio, una storia da raccontare, che va compresa e rispettata.
Il percorso didattico proposto, tramite il lavoro di gruppo, mira proprio a favorire l’interazione tra i componenti della classe, incoraggiando il dialogo e lo scambio di opinioni. In questo modo i ragazzi sono portati a riflettere sul loro rapporto con il luogo di vita attraverso il confronto con i compagni e vengono stimolati ad accogliere e comprendere i diversi punti di vista per giungere ad una rappresentazione condivisa del paesaggio che li accolga tutti, in un clima di reciproco rispetto.

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© Scuola Secondaria di Montù Beccaria

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osservatorio 1

Gli alunni hanno realizzato una rivista digitale che raccoglie i miti delle costellazioni visibili nelle quattro stagioni. All’interno si possono apprezzare i video del cielo autunnale ed invernale con i miti di Perseo e Castore e Polluce, realizzati con i disegni dei bambini.


© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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staffora 1

Il percorso scelto di educazione ambientale in collaborazione con il Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera ha l’obiettivo di promuovere la conoscenza della flora e della fauna dell’ Oltrepò, senza dimenticare di spiegare la protezione dell’ambiente e la corretta gestione delle risorse naturali.

A conclusione del percorso tutti gli alunni della Scuola Primaria di Varzi hanno effettuato una passeggiata lungo il torrente Staffora.


 

© Scuola Primaria di Varzi

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passeggiando 1

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 © Scuola Primaria di Montù Beccaria

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racconti famiglia

Lasciare tracce ben definite è fondamentale per far scrivere un futuro migliore.
I nonni, i genitori che hanno condiviso con tutti noi pezzetti della loro vita ci hanno fatto un regalo prezioso.
Ci hanno regalato le nostre radici, che devono essere ben ancora alla nostra Terra.
Hanno raccontato con molta delicatezza momenti anche molto dolorosi, senza vergogna, con una tale dignità e umiltà che ha lasciato tracce ben visibili.
I bambini erano rapiti, incuriositi.
A distanza di mesi si ricordano perfettamente ciò che hanno ascoltato: la guerra, i tedeschi, i partigiani, il pallone fatto di pezze, la divisione del salamino: una fetta a testa e solo agli uomini se ne rimaneva era permesso averne una in più, la scuola.
Alcuni bambini avevano già avuto modo di ascoltare in casa raccontare di quando erano bambini, ma a scuola tutto ha un altro peso.


© Scuola Primaria di Varzi

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sanponzo 1

I gioielli di Ponte Nizza hanno ispirato due progetti: dalla ricerca storiografica gli alunni hanno scoperto che ci sono stati due San Ponzo, non uno solo.


 

© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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santalberto 1

I testi sono editi da Guardamagna editore e sono stati sponsorizzati dal Comune di Ponte Nizza e dalla biblioteca di Ponte Nizza.


© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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cecima 2

La ricerca storiografica intorno al mulino di Cecima e al personaggio di Edoardo II, hanno prodotto una storia che è nata dalla creatività degli alunni.
Il testo è stato stampato da Guardamagna Edizioni con il contributo dell’ente locale.


© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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I comuni afferenti al Polo Scolastico di Ponte Nizza sono Bagnaria, Cecima, Ponte Nizza e Val di Nizza. Con questi elaborati la scuola primaria vuole condividere tutto il lavoro di ricerca, studio, lettura e comprensione del territorio vissuto, che si è sviluppato intorno al progetto didattico Arte Storia Sacralità promosso e condotto dalle insegnanti in collaborazione con gli enti locali e le agenzie del territorio.
Le finalità sono:
- conoscere e vivere il proprio territorio apprezzandone la valenza artistica, storica, culturale e naturalistica
- approfondire​ ​la​ ​conoscenza​ ​del ​territorio​ ​esperito
- rafforzare​ ​la​ ​motivazione​ ​alla​ ​conoscenza​ ​delle​ ​proprie​ ​radici​ ​storiche​ ​
- far​ ​rivivere​ ​e​ ​documentare​ ​elementi​ ​della​ ​tradizione ​
A sinistra, torta in ceramica realizzzata per l’evento dagli alunni della scuola primaria durante il laboratorio di ceramica con il ceramista Giorgio Azzaretti.

bagnaria 2

Gli alunni hanno raccolto le ricette con la ciliegia di Bagnaria in un ricettario che è stato realizzato e stampato grazie al contributo dell’ente locale e delle associazioni dei coltivatori locali.
I disegni degli alunni a corredo delle ricette sono ispirati al metodo del maestro Tullet Hervè.
Bagnèra l'è bela
Sesma l' è so surela
San Pons l’è so fradé
Gremiasc el so castè
Citadin de la Turetta
Marchesin ad Cà d' Barletta
Sufelin de la Pusion
Lecapiat ad Cà d' Masson


 

Ricettario:

Filmato del laboratorio di Street Art realizzato durante la 43* Sagra della ciliegia del 18 giugno 2018

Raccolta dei files su Padlet:

© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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carbone 1

Gli alunni hanno lavorato per contribuire a corredare con immagini e testi le bacheche della rete sentieristica locale.
Abbiamo scoperto che in Val di Nizza si faceva il carbone così, dopo aver trovato un carbonaio vero, abbiamo realizzato noi una carbonera.
Grazie per la collaborazione al signor Rossi di Cencerate che vedete nel video di realizzazione della carbonaia.


Inaugurazione del sentiero

Navigare nel sentiero

La fiaba "Il carbone alla corte di Oramala"

Video sulla realizzazione di una carbonaia

© Scuola Primaria di Ponte Nizza

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  • B come... biodiversità ... B come ...babi
  • La volpe rossa
  • Il Cuculo o Cucù
  • L'oro delle api: il miele
  • Dal latte......al formaggio
  • I pipistrelli
  • Il tasso
  • Dialogo immaginario: una civetta e un lupo in Val Versa
  • La Gazza ladra
  • Il riccio
  • Facciamo il burro
  • Il lupo e le noci, la nostra favola
  • Lasciamo un'impronta
  • Le api e gli altri impollinatori
  • Una vita da scoiattolo
  • Voli di farfalle
  • Alla scoperta ..con Pica Pica
  • L'istrice
  • La rana
  • Le api
  • Farfalle
  • In bocca al........lupo!!!!!!
  • Biodiversità del territorio: il lupo

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La difesa della biodiversità è un valore consolidato all’interno di dinamiche come la difesa dell’ambiente.
Dopo aver identificato una serie di percorsi legati alla biodiversità che sono iniziati dalla comprensione generale di questo termine, gli alunni di classe seconda hanno scelto di raccogliere informazioni e ricercare curiosità inerenti un buffo animaletto più volte trovato e osservato nei cortili di casa: il rospo .
Non facendosi mancare nulla, si è spaziato da:
- tradizionali racconti aventi come protagonisti rospi e ranocchi;
- interessantissime lezioni in classe con un'esperta biologa;
- incontro emozionante e lunga intervista ad un famoso etologo;
- divertenti escursioni sul territorio;
- momenti creativi artistici con rappresentazioni grafiche e manipolative con pasta di sale.

Tutte le informazioni raccolte sono state “fissate” in un grande lapbook.

La presentazione allegata mostra alcuni particolari del lavoro svolto. Buona Visione!

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© Scuola Primaria di Canneto Pavese

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volpe 1

Carta d'Identità

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Alla ricerca di tracce di biodiversità

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Didascalie della classe 4^E

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Il cuculo e’ l’uccello della primavera. Il suo canto segna lo scorrere delle stagioni e il momento dell’uscita dall’inverno. Proprio per questo motivo il cucu’ con il suo verso caratteristico ha ispirato detti, aneddoti, giochi e immaginari fantastici della tradizione contadina dell’Oltrepo’. Condividiamo con voi le nostre ricerche e scoperte che abbiamo raccolto in un taccuino digitale.

Il nostro taccuino sul Cucù

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miele 1

Che cos'è il miele

Il miele è una sostanza zuccherina prodotta dalle api mellifere che raccolgono il nettare dei fiori, lo immagazzinano nella borsa melaria ed aggiungendovi appositi enzimi ne incominciano la trasformazione.
Giunte nell’alveare le api operaie completano la trasformazione in miele e lo depositano nei favi.

Aspetto e composizione

Il miele è una sostanza viscosa che con il tempo va incontro ad un processo di cristallizzazione.
Il colore va dal giallo al bruno scuro, quasi nero, attraverso tutte le tonalità dei gialli, arancioni, marroni e verdi.
Il sapore è zuccherino, aromatico e leggermente acido.
Il miele è composto da: 16% - 20% acqua , 75% glucosio e 79% fruttosio, sali minerali, vitamine che aiutano il metabolismo del nostro corpo e diverse altre sostanze, alcune delle quali ancora non ben identificate.
È da evidenziare che il miele è un alimento igienicamente sicuro grazie alla presenza di sostanze batteriche.

Proprietà curative

Il miele è un vero e proprio medicinale naturale ed esercita una particolare azione sui seguenti apparati:
- vie respiratorie: calmante della tosse;
- digerente: migliora la digestione e cura l’ulcera gastrica;
- circolatorio: regola l’ipertensione e l’ipotensione;
muscolare: aumento della potenza fisica e delle resistenze;
- cicatrizzante nei casi di ferite e ustioni;
- cosmetico nella preparazione di creme per le mani.

Conservazione

Deve essere tenuto al riparo dalla luce, dall’aria e a una temperatura costante ed intorno ai 15° C.

Il miele che si produce nella zona di Varzi e dintorni

miele 2

Miele di Robinia (Pseudoacacia)
Colore: leggermente ambrato
Odore: delicato
Sapore: molto dolce
Provenienza: prodotto principalmente nelle zone collinari della Lombardia e del Piemonte.

miele 3

Miele di Castagno
Colore: bruno scuro
Odore: forte e molto aromatico
Sapore: un po’ amaro
Provenienza: prodotto dagli abbondanti boschi di castagno delle Prealpi.


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formaggio 1

Il formaggio deriva dalla coagulazione del latte (vaccino, caprino o ovino) tramite caglio. Il caglio è il prodotto della macerazione di parti dello stomaco di vitello, di agnello o di capretto in un liquido appropriato. In commercio si trovano vari tipi di caglio. Si può aiutare la coagulazione naturale con del succo di limone oppure con una piccola quantità di siero di una precedente cagliata (la massa del latte coagulato). Più la temperatura è elevata e maggiore sarà la velocità di coagulazione. Per avere la cagliata in un tempo prestabilito si ricorre all’uso del caglio.. l caglio va aggiunto al latte intiepidito ad una temperatura di 36°-39°C secondo il tipo di formaggio.
Prima di essere aggiunto al latte è bene che il caglio sia diluito in poca acqua. Per piccole forme di formaggio casalingo è bene dosare il caglio con un contagocce. Il caglio teme la luce e il calore: tenerlo quindi in frigorifero in una bottiglia di vetro scuro. Un consiglio prezioso è quello di non rimestare il latte una volta che è iniziata la coagulazione né spostare i recipienti che la contengono perché la cagliatura è un processo molto delicato. Dopo la coagulazione del latte c’è la fase cosiddetta della rottura della cagliata .Per una lavorazione casalinga si può rompere la cagliata con le mani sgretolandola molto lentamente. Lo spurgo consiste nella successiva separazione della cagliata dal siero (la parte solida da quella liquida). Prima però di prelevare con un mestolo il siero per effettuare la separazione (o con altro sistema) si deve lasciar riposare la cagliata dopo la rottura per qualche minuto così che possa sedimentarsi bene sul fondo. Per alcuni tipi di formaggio (i cosiddetti formaggi cotti), la cagliata, una volta frantumata, viene cotta a una temperatura comunemente compresa tra i 44 e i 56 °C, secondo il tipo di formaggio che si vuole così ottenere. La cottura facilita un ulteriore spurgo e favorisce l’aggregazione dei grumi caseosi.

Se si può utilizzare il latte vaccino di qualche allevamento che si ha nelle vicinanze sarebbe meraviglioso e il risultato sicuramente più corrispondente alle aspettative. In caso contrario ci si serva almeno del latte intero fresco perché quello a lunga conservazione ha subito trattamenti tali per cui è impossibile qualsiasi sua altra trasformazione. Gli strumenti che possono servire per realizzare del buon formaggio casalingo sono pochi e semplici. A parte una buona pentola di acciaio servirà senz’altro un apposito termometro per i formaggi con il quale misurare la temperatura nella varie fasi della lavorazione e le fascere (in acciaio o plastica), sorta di stampi forati in cui mettere la cagliata a spurgare e a prender forma. E poi alcune garze, un colino e delle vaschette di plastica se si vuole produrre del formaggio stagionato in salamoia. La ricetta che segue può essere variata in quantità rispettando debite proporzioni per gli ingredienti. Procedimento Prendere 10 litri di latte, metterli in una pentola di acciaio e intiepidire sul fuoco a 27-28 °C. Quindi spegnere e aggiungere 1,5 ml di caglio mescolando bene. Infine coprire. Il tempo di cagliata varia a seconda della temperatura dell’ambiente. La cagliata è comunque pronta quando inserendo uno stuzzicadenti nel centro della stessa esso rimane diritto.

A quel punto, rompere la cagliata con le mani, o con il mestolo, agendo molto lentamente e fino in fondo. Un siero verde chiaro o bianco trasparente è segno dell’ottima riuscita della cagliata. Quest’ultima, dopo esser stata frantumata va lasciata depositare sul fondo per qualche tempo finché la parte liquida in superficie si è separata in modo netto dalla parte solida.
Togliere quindi con un mestolo il siero (la parte liquida) sovrastante la cagliata. Il siero va poi messo da parte perché con esso si può fare la ricotta.
Con un colino pescare la cagliata all’interno della pentola e metterla nelle fascere previamente ricoperte da una garza. Schiacciare con le dita il formaggio affinché il siero rimanente possa uscire.

Ricoprire poi con il risvolto della garza ogni forma di formaggio che va schiacciata ancora sulla cima. Capovolgere le fascere, estrarre i formaggi e togliere le garze che li avvolgono. Rimetterli quindi nelle fascere per 24 ore coprendole con un telo di cotone. Dopo questo tempo, se si tratta di formaggio fresco si può mettere in frigorifero o consumare immediatamente, mentre se si tratta di preparare quello stagionato bisogna passare alla fase della salamoia che consiste nel far bollire dell’acqua con un’aggiunta di 150 grammi di sale fino per ogni litro della stessa. Lasciare poi raffreddare e mettere l’acqua salata in una vaschetta di plastica.


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pipistrello 1

REGNO: ANIMALI
CLASSE: MAMMIFERI
ORDINE: CHIROTTERI
NOME DIALETTALE : “RAT VULATEN”

I pipistrelli sono il secondo gruppo di mammiferi più numeroso dopo i roditori.
Sono soprattutto tropicali, ma alcune specie hanno comunque conquistato, mediante adattamenti stupefacenti, anche le zone temperate.

In Italia troviamo pipistrelli in ogni tipo di ambiente, a parte le cime più alte, dove il freddo e soprattutto la mancanza di insetti da mangiare non permettono una adeguata sopravvivenza.

PIPISTRELLI PRESENTI NEL NOSTRO TERRITORIO

- Rinolfo maggiore ;
- Vespertillo maggiore;
- Miniottero ;
- Nottola comune;
- Orecchione;
- Pipistrello nano.

pipistrello 2

Chirottero, il nome un po’ più tecnico dei pipistrelli, vuol dire proprio "mano alata" dal greco antico. Un nome che riassume come l’evoluzione abbia portato questi piccoli mammiferi a conquistare lo spazio aereo della notte.
La loro mano è diventata enorme e la pelle si è tesa tra le dita, arrivando poi ai fianchi e addirittura alla coda, divenendo una superficie alare elastica e robusta che permette loro una manovrabilità e una resistenza pari a quella degli uccelli.

Tutti i pipistrelli hanno uno scheletro estremamente specializzato con dita lunghe e robuste fatte in modo da sostenere le membrane che formano le ali.
Un’ altra membrana si tende tra le zampe posteriori e la coda.
Si muovono soprattutto volando, grazie ai loro arti modificati, mentre le zampe posteriori sono piccole e deboli , per lo più incapaci di sostenerli sul terreno.
Di solito hanno abitudini notturne , ma a volte sono attivi anche di giorno.
Si riproducono una volta l’anno , verso giugno , scegliendo luoghi molto caldi.
Questi animali sono molto sensibili alle condizioni metereologi che , tanto che il tempo molto freddo o umido può costringerli a rimandare la riproduzione o comportare un’elevata mortalità tra i cuccioli.
Il pipistrello non fa alcuno sforzo per restare appeso a testa in giù: il peso del suo corpo fa leva sui tendini collegati agli artigli che si chiudono automaticamente.

DI COSA SI NUTRONO ?

Per la gran parte, però, insettivori e volano a volte per chilometri alla ricerca delle piccole prede di cui si nutrono. Ci sono specie che preferiscono succose falene e chi si concentra su croccanti coleotteri, ma in tanti mangiano anche le zanzare. In questo ci sono di grande aiuto, perché divorano migliaia di insetti anche fastidiosi o dannosi per l’agricoltura.

COSA FANNO IN INVERNO ?

I pipistrelli, trascorrono l’inverno in IBERNAZIONE , durante quel periodo, la loro temperatura corporea può scendere anche a -10 °C. così riescono a  passare senza consumare energia anche vari mesi in posti che devono essere tranquilli, umidi e freddi , come le grotte,le miniere, le cantine, anche se alcune specie utilizzano le soffitte degli edifici e le cavità degli alberi.
Con l’ ibernazione rallentano il metabolismo per metà dell’anno risparmiando energia e limitando il consumo dell’organismo.

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pipistrello 3

 COS’ E’ L’ECOLOCALIZZATORE ?

I pipistrelli si muovono, cacciano e si spostano di notte, vivendo l’oscurità come noi viviamo la luce del giorno. In questo sono aiutati da un senso in più. Non solo i classici 5 (udito, tatto, vista, odorato, gusto) ma anche l’ecolocalizzazione, cioè la possibilità di esplorare l’ambiente emettendo gridi ultrasonici e creandosi una mappa dello spazio e delle possibili prede grazie agli echi che ne ritornano. Un vero scanner sonico 3D!

pipistrello 4

COS’ E’ IL BAT DETECTOR ?

L’ecolocazione dei pipistrelli è un ‘importante aiuto per identificare le specie di pipistrello per mezzo dei loro richiami. Mentre l’orecchio umano percepisce suoni con frequenza fino a 18 KHz , la frequenza dei suoni prodotti dai pipistrelli può variare da 18 fino a 110 KHz e anche oltre. Questo rende necessaria la trasformazione degli ultrasuoni in suoni udibili anche da noi esseri umani con l’aiuto del “BAT DETECTOR”.
Ogni specie di chirottero ha uno spettro di ultrasuoni preciso, adatto alle esigenze ecologiche dell’animale, alle prede e alle zone di caccia specifiche.
Se si registrano i suoni, con l’aiuto del pc, le frequenze possono essere rappresentate in un grafico , un cosiddetto “sonogramma”.

DOVE SI NASCONDONO I PIPISTRELLI?

Nelle grotte , nelle cavità degli alberi, nei solai, nelle nicchie degli edifici ( dietro i rivestimenti delle pareti , nei sottotetti,nei cassonetti delle persiane avvolgibili e negli spazi sotto la copertura dei tetti).

PERCHE’ SONO IN PERICOLO?

La perdita dei rifugi e degli habitat che utilizzano per mangiare e riprodursi, l’inquinamento da pesticidi e la troppa luce con cui illuminiamo la notte sono i principali problemi di questi mammiferi.
Per questo, per prima cosa, è importante conoscerli e interessarsi al loro mondo. Solo la comprensione e la curiosità permettono di capire come siano importanti, belli e simpatici e di quanto rispetto abbiano bisogno.
Le bat box , casette nido per pipistrelli sono un ottimo modo per aumentare la disponibilità di rifugi per questi animali.

CREDENZE POPOLARI.

Le leggende e le credenze sui pipistrelli sono tante e quasi sempre false. Non è vero, infatti, che si attaccano ai capelli, che la loro pipì rende calvi o che sono ciechi (ci vedono benissimo) e portano sfortuna.

DETTI POPOLARI SUI PIPISTRELLI.

“Se svolazza il pipistrello segno di tempo bello”

ATTIVITA': ORIGAMI

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ATTIVITA': BAT MOLLETTE

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FOTO GALLERY

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Caratteristiche

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Galleria

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lupo 1

lupo 2

Civette e lupi: animali speciali, indispensabili anelli della catena alimentare, da sempre ritenuti maleauguranti o pericolosi.
Da un lato un rapace che si muove silenzioso nella notte per poi nascondersi alla luce del sole; dall’altro il lupo, terrore di ogni favola che si rispetti ed evocatore di antiche paure.
Eppure essi sono indici di vitale biodiversità e conoscerli aiuta a sfatare superstizioni e falsi miti.
Da queste premesse la classe 5^A primaria di S. Maria della Versa ha immaginato un dialogo tra una civetta e un lupo, dopo aver indagato, ricercato nel territorio e sperimentato attraverso laboratori scientifici e artistici


Ascolta la civetta:

Ascolta il lupo:

 

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Ascolta la canzone suonata e cantata dagli alunni:

 

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burro

Con la panna del latte fresco abbiamo fatto il burro. Lo abbiamo fatto con un metodo antico; mettendo la panna fresca e un sassolino in una bottiglia, agitando con cura si ottiene il burro. inizialmente si forma una specie di mousse ma dopo qualche minuto si separano un liquido bianco da una pasta grumosa. Se la mettiamo in un colino, vediamo che questa è il burro.
Per aiutarci a renderlo compatto, raffreddiamo le nostre mani nel ghiaccio e lo schiacciamo. Alla fine abbiamo mangiato pane e burro. Buonissimo!!!

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pica

Laudato sii mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sostenta e governa e produce diversi fructi con coloriti fiori ed erba…

San Francesco, Cantico delle creature.

I nonni raccontano. I nipoti.....tramandano

La Valle Versa, come ogni terra d’ Oltrepò è uno scrigno di ricchezze immense che, riscoperte alla luce di antichi saperi e tradizioni, si svelano in tutta la loro magia.

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Farfalle

La farfalla è un insetto meraviglioso, è il simbolo della libertà ed è davvero un piacere vederla svolazzare tra i fiori colorati e confondersi tra essi.
Si parla comunemente di farfalle diurne e notturne in quanto numerose specie sono attive nelle ore centrali della giornata,
altre hanno abitudini crepuscolari, alcune si muovono solo al mattino, altre preferiscono l'oscurità totale.
La farfalla è un animale simbolico per eccellenza, la metamorfosi della farfalla è fondamentale per comprenderne il simbolismo:
è sostanzialmente un segno di trasformazione e rinascita. Rappresenta l'anima che, uscita dal corpo, raggiunge un grado superiore di perfezione.
In questo caso la crisalide rappresenta il corpo umano che contiene le potenzialità dell'essere e la farfalla che esce è, come detto, un simbolo di rinascita.
La farfalla inizia la sua vita strisciando e, in seguito, attraverso un processo di trasformazione, impara a volare portando sulle sue ali i colori dell'arcobaleno.
La felicità è come una farfalla: se l'insegui non riesci mai a prenderla, ma se ti metti tranquillo può anche posarsi su di te.

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  • Fiori di bosco
  • Dalla terra alla tavola: la patata del Brallo
  • C’era una volta...la mela di Soriasco
  • A spasso per la Val Versa
  • La coltivazione del grano in Valle Versa
  • Le erbe di San Giovanni
  • Dall'uva al vino
  • Dal grano alla farina fino al pane
  • Orto a misura di bambino
  • 6 petali color violetto. Coltivazione dello zafferano
  • Erbe di quassù
  • Il grande quiz delle erbe di San Giovanni
  • Il salice
  • Funghi.....che sorpresa!
  • Alla ricerca di bacche
  • La vite, storia, cultura, paesaggio
  • Erbe aromatiche

C’erano sempre stati sul pianeta del piccolo principe dei fiori molto semplici, ornati di una sola raggiera di petali, che non tenevano posto e non disturbavano nessuno. Ma questo era spuntato un giorno, da un seme venuto chissà da dove, e il piccolo principe aveva sorvegliato da vicino questo ramoscello che non assomigliava a nessun altro ramoscello. E poi ecco che un mattino, proprio al levar del sole, si era mostrato. “Ah! Mi sveglio ora. Ti chiedo scusa, sono ancora tutto spettinato.” Il piccolo principe allora poté frenare la sua ammirazione: “Come sei bello!” “Vero”, rispose dolcemente il fiore, “e sono nato insieme al sole”. “Come fai ad essere così bello?”. “Vedi, io sono un fiore e sono una creazione della natura, e in quanto tale sono perfettamente simmetrico. Tutti gli esseri viventi sono belli e simmetrici sotto diversi punti di vista. Io ad esempio sono colorato e le simmetrie dei miei colori dei miei petali mi fanno bello.” Nella grande varietà di ambienti del patrimonio naturale italiano, fiori tipici caratterizzano le nostre colline. Questo immenso e colorato mosaico, che la natura ci regala attraverso i fiori, rappresenta un bene prezioso da tutelare. I fiori accompagnano sempre un’emozione: riceverli e donarli è un gesto semplice ma ricco di significati che vengono trasmessi attraverso la loro bellezza. Ogni fiore ha un proprio significato, unico e profondo, fatto di colori, profumi, forme e sensazioni, che arricchiscono il valore simbolico di un momento importante o di un dono speciale, d’amore, di amicizia, di ringraziamento, di affetto. 


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“Se tu vuoi bene ad un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite”.

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patata 1

La patata è un tubero di una pianta erbacea originaria dell’America del Sud. Coltivata fin dai tempi delle civiltà degli Incas e degli Aztechi, per i quali rappresentava la maggiore fonte di alimentazione, è stata «scoperta» da Pizarro in Perù e importata in Europa nella prima metà del XVI secolo. Inizialmente, però non incontrò troppo successo. Solo alla fine del Settecento, Parmentier, famoso agronomo e farmacista francese, iniziò una grande campagna «promozionale» per la diffusione della patata che, da allora, ha sempre occupato un posto di primo piano nella nostra alimentazione, è molto ricca di potassio, vitamina C e carboidrati.
Le patate sono inoltre un alimento estremamente versatile: si possono infatti cucinare in cento modi, adattandosi a tutti i tipi di cottura. Possono essere trasformate in minestre, contorni, e persino in dolci.
Esistono numerosissime varietà di patate, sia a pasta gialla, sia a pasta bianca con buccia marrone chiaro.  Esiste poi anche un tipo di patata a buccia rossa, come la Roseval. Le patate a pasta gialla sode e compatte, sono adatte per la frittura, per la cottura arrosto, in padella e in forno, per le insalate; quelle a pasta bianca, più farinose, per purè, gnocchi, crocchette. Le patate vanno conservate al fresco e al riparo dalla luce.
Nella nostra zona sono coltivate un po’ ovunque, soprattutto al Brallo dove ogni anno si tiene una sagra, a loro dedicata, nel mese di Settembre.

Gli gnocchi di patate rappresentano un pilastro delle nostra gastronomia. Per preparare gli gnocchi occorrono assolutamente patate farinose a pasta bianca, stagionate e non novelle perché contengono più amido. La cottura degli gnocchi va fatta entro un’ora dalla preparazione altrimenti diventano molli, inoltre deve avvenire a bollore lentissimo, in modo che non si sfaldino. Gli gnocchi di patate si possono condire con burro fuso profumato alla salvia, ma anche con un sugo di pomodoro e basilico, ragù o pesto.

Come fare gli gnocchi di patate

Lavate le patate sotto l'acqua corrente, poi mettetele in una casseruola con l'acqua e fatele cuocere a fuoco medio per 20-30 minuti dall'inizio dell'ebollizione. Dopo essere state sgocciolate dall'acqua di cottura, pelate subito le patate ancora calde e schiacciatele subito con lo schiacciapatate riversandole sulla spianatoia infarinata. Fate un buco al centro del mucchietto di purè di patate e aggiungete metà farina ed il sale.
Lavorate tutto con le mani aggiungendo man mano altra farina fino ad ottenere un impasto della consistenza liscia ed elastica ma che non si appiccichi alle mani.
Una volta ottenuto il panello di patate, si taglia a metà per controllare che non presenti buchi o lacerazioni e che sia leggermente poroso.
Su una spianatoia infarinata formate con l'impasto tanti cilindri larghi 1,5 cm circa. Poi tagliate dei pezzetti di 2 cm circa e incavateli con un dito o rigateli con i rebbi di una forchetta. Adagiate man mano gli gnocchi di patate sulla spianatoia infarinata. Cuocete quindi gli gnocchi di patate in una pentola con acqua bollente salata, saranno cotti non appena saliranno a galla.
Conditeli a piacimento.

Quest’anno noi alunni di 3° della scuola primaria abbiamo pensato di trasformarci in chef per un giorno preparando, cucinando ed infine gustando, insieme alle nostre insegnanti, gli gnocchi di patate conditi con sughi diversi: ragù, pomodoro, pesto e gorgonzola.
E’ stata una bella giornata, ci siamo molto divertiti e vorremmo ripetere un’altra esperienza di questo tipo.


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mela 1

L’Oltrepò Pavese è da sempre conosciuto come Terra di vigneti; infatti ben pochi sanno che vi si coltivavano anche le mele. A Soriasco, un paesino alle pendici delle colline che fanno da cornice al centro abitato di Santa Maria della Versa, aveva le radici una fiorente azienda agricola produttrice di mele.
La scelta di coltivare le mele venne fatta sulla base della tipologia del terreno, vocato a questo tipo di coltivazione e del microclima, costituito dalla presenza di peculiari elementi topografici e ambientali, determinanti per lo sviluppo della vegetazione.
La multiculturalità della classe 1^A, con la quale abbiamo affrontato questo percorso, ha fatto sì che la scelta ricadesse sulla mela, in quanto conosciuta da tutti. Gli alunni con tradizioni culturali della zona, con l’aiuto delle testimonianze dei loro nonni, hanno messo a disposizione del gruppo-classe le informazioni raccolte riportando alla memoria quelle che furono le coltivazioni di un tempo.

mela 2

Ulteriori informazioni tecniche e pratiche circa la coltivazione del melo, l’innesto, i trattamenti e la raccolta ci sono state fornite dalla preziosa collaborazione del Prof. Domenico Segalini, docente all’Istituto Agrario “Gallini” di Voghera. Tutte queste informazioni sono state poi rielaborate con molta cura e fantasia dagli alunni della classe 1^A, che hanno posto l’accento sull’aspetto grafico-pittorico. L’intento di questo progetto è finalizzato alla valorizzazione del territorio di appartenenza, alla riscoperta delle nostre tradizioni da poter tramandare di padre in figlio, al ricordo della felicità portata dalle piccole cose della vita contadina.

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Storie di vite e di buon vino tra realtà e fantasia

val versa 1

Il lavoro dei bambini di classe seconda della scuola primaria di Santa Maria della Versa vuol essere un' interpretazione, in chiave fantastica, della realtà mariese fatta di viti, vino e cultura contadina. 

Il buon vino è ogni volta una sinfonia di quattro movimenti, eseguita al ritmo delle stagioni. Il sole, il terreno, il clima e i vitigni modulano l'opera, mentre il vignaiolo,come solista, imprime la sua cadenza. (Philippe Margot)

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grano 1

Le classi 3^A e 3^B della Scuola Primaria di S. Maria della Versa hanno condotto una ricerca sulla coltivazione del grano in Valle Versa, oggi scarsamente presente nel territorio dove abitiamo, a rinomata vocazione vitivinicola.
Intervistando i nonni e le persone anziane, le classi hanno raccolto informazioni su come si svolgeva questa coltivazione nel passato, per poi rielaborare i dati raccolti attraverso illustrazioni e sintesi scritte ,in un confronto con quanto avviene oggi.

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Utilizzi delle erbe di San  Giovanni

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uva 1

“Dai vino buono, raccontaci la tua storia!” chiedono tutte le bottiglie della cucina.“Uffa, che barba!” borbotta aceto a cui non va mai bene niente. Il vino, non fosse altro per far dispetto a suo cugino aceto, incomincia a raccontare: ”dovete sapere che mio padre era un gran vigneto e mia madre era tanto dolce e buona che tutti gli altri grappoli la invidiavano. Molta gente veniva ad ammirare la mia famiglia ed io non ero ancora nato che già tutti dicevano: chissà che buon vino verrà fuori da voi!

Dopo che sono nato mi hanno messo in una bottiglia verde con una bella etichetta in cui era stata scritta la mia data di nascita ed il nome del mio papà e mi hanno mandato in una cantina a studiare da vino buono. Ho imparato che non mi devo scuotere, per esempio, che non devo dare confidenza all’acqua e che …non devo dire malignità o potrei diventare aceto!

“Bravo!” urla olio entusiasta. Anche le altre bottiglie applaudono e, mentre vino ringrazia, aceto disperato si butta a capofitto nell’insalata!


 

© Scuola Primaria di Varzi

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grano 1

A scuola abbiamo effettuato la macinatura preistorica del grano a mano, con sassi ben levigati dalle acque del torrente Staffora. Ecco il filmato che documenta questa attività.

La macinatura a pietra

grano 2

Con la farina bianca abbiamo fatto il pane a scuola e lo abbiamo cotto nel nostro forno. È venuto buonissimo! Eppure ci vogliono solo: farina, lievito e sale. Poi, siccome abbiamo il rosmarino nel nostro giardino, abbiamo fatto anche qualche teglia di focaccia. Una bontà! Naturalmente non si sono avanzate neanche le briciole.

 Facciamo il pane a scuola

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Il progetto Erbe di quassù è stato realizzato nella scuola primaria di Ponte Nizza nell’anno scolastico 2018–2019 in collaborazione con Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera.
Gli alunni hanno effettuato un’escursione a Pian del re e hanno realizzato un erbario figurato e un erbario digitale. Intorno alle proprietà delle erbe, gli alunni hanno ideato storie con il supporto dello storytelling, della robotica educativa e della realtà aumentata AR con laboratori di scrittura creativa. I materiali prodotti sono stati raccolti in uno “Steller”, che è una App gratuita dalla grafica molto accattivante.

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erbe.mini

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© Scuola Primaria di Montù Beccaria

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Le classi 4^A e 4^B della Scuola Primaria di S. Maria della Versa hanno concentrato l’attenzione sul mondo dei funghi.
Il lavoro si è sviluppato in diversi ambiti.
Si è partiti dall’aspetto scientifico, con la presentazione delle varie parti del fungo e delle sue caratteristiche e dall’osservazione diretta di funghi del territorio mostrati da un appassionato raccoglitore locale.
Si è poi affrontato il mondo delle muffe con la collaborazione di un esperto, che ne ha proposto la coltivazione in classe e la successiva osservazione allo stereoscopio.
Non solo le muffe, ma anche i funghi sono stati coltivati in classe con l’utilizzo di un kit di coltivazione formato da un cilindro composto da terra, nutrienti e tante spore. Gli alunni dovevano tenere umido il cilindro ed è stato per loro entusiasmante veder nascere e crescere un bel “grappolo” di funghi.
Il lavoro si è poi sviluppato sotto l’aspetto linguistico con l’invenzione di storie con protagonisti i funghi e sotto l’aspetto artistico con la realizzazione di immagini partendo dallo stampo di parti sezionate del fungo.

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