- Di sentiero in sentiero ... camminando e scollinando
- Un giorno tra i sentieri di Pietra de' Giorgi
- Ripensando la via dei pellegrini da Varzi a Passo Monte Penice Bobbio
- Noi pellegrini in Valle Versa
- Il sentiero delle querce
- L'Arvinà, un antico sentiero
Quante emozioni! Quanto divertimento!
Indagini dirette ed uscite sul territorio in compagnia dei "grandoni" di classe quinta ( i nostri tutor o meglio i nostri "sorveglianti speciali") ed un'esperta guida locale ci hanno permesso di conoscere i sentieri "Solinga" e "Fontana" osservando tutti gli elementi presenti e ascoltando suoni e rumori nelle frazioni Costa Mezzana, Solinga e Cavè.
Con occhietti attenti e orecchie "paraboliche" nulla ci è sfuggito: dalla quercia al noce, dalle viti ai pini, dai giardini agli orti, dai campi ai fondi asfaltati, acciottolati, sterrati, dai trattori alle zappatrici ...
Attraverso un'applicazione installata sul tablet che ci siamo passati di manina in manina abbiamo conteggiato più di 3000 passi ed in classe abbiamo poi realizzato molte mappe colorate e creative fedeli ai mappali comunali consultati.
Queste immagini mostrano alcuni dei nostri lavori mentre il video allegato testimonia le divertenti uscite.
La storia continua... il prossimo anno.
Non vediamo l'ora!
© Scuola Primaria di Canneto Pavese
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In una primaverile Domenica di fine Marzo inizi Aprile, pensando al lavoro didattico da impostare e lavorare con i nostri alunni di 4 e 5 sull’ U.D.A. del pellegrinaggio e dei pellegrini nella Valle Versa, pensammo di intraprendere un viaggetto nei pressi di Varzi per vedere se per curiosità la zona di Varzi – passo del monte Penice potesse essere inerente l’argomento trattato e quindi potessimo trarre dei collegamenti proficui e arricchenti sia da un punto di vista informativo, materiale didattico e di valorizzazione spirituale e culturale del nostro territorio dell’ Oltrepo. Tutto ciò lo traemmo dalla riflessione che avemmo inerente la divisione territoriale della nostra Diocesi e cioè: fino a Varzi è Diocesi di Tortona, Menconico è già Diocesi di Bobbio. Riflettendo su questo aspetto e sapendo che Bobbio fu il cuore della spiritualità durante il periodo dei pellegrinaggi verso Roma e Gerusalemme, deducemmo che molto probabilmente il Monte Penice ci avrebbe dato collegamenti e informazioni assai proficue e utili le quali sarebbero tutte confluite sulla via Romea che attraversa i territori della Valle Versa. Ebbene l’idea si trasformò subito in pratica e così partimmo da Voghera direzione Varzi, Menconico, Passo del Penice. Appena arrivate al passo del Penice ci si aprì un capolavoro di spiritualità e il primo che ci accolse fu proprio San Colombano presente nel centro della piazza del Monte Penice.
Il Passo Penice
Il Passo del Penice (1.149 m), è un valico dell’Appennino Ligure in provincia di Piacenza ed è sopra Varzi, nel Comune di Bobbio, dove c’è San Colombano, santo patrono e protettore dei motociclisti che accoglie chiunque arrivi in questo luogo. L’ itinerario è quindi storico e spirituale, si intreccia alle vicende degli ordini monastici e porta alla scoperta di monasteri e santuari costruiti nei secoli scorsi. Per arrivare a questo Passo si sale verso il bivio dei tre passi, imboccando, dopo una divertente salita di stretti tornanti, la strada per il Passo del Penice. A un certo punto la strada si spiana e si percorre un tratto fra alti pini che fa quasi pensare di essere sulle Alpi, piuttosto che sull’Appennino.
Finalmente si arriva nel piazzale del passo del Penice, una grande piazza rettangolare posta sul lato lungo, con un bar ristorante all’ingresso dello spiazzo, e poi, appunto, verso il fondo, l’imponente statua del monaco irlandese: San Colombano.
San colombano
Arrivate, ci avvicinammo sotto la statua, per leggere cartelli e targhe. Sopra una struttura che sembra un globo, si erge la statua bianca di San Colombano, il cui nome è riportato su una targa ai piedi del monumento, che è stato inaugurato il 23 Novembre 2002, data in cui, nella vicina Bobbio, si festeggia il Santo che fondò chiese e monasteri in tutta Europa, tanto da essere definito da Papa Benedetto XVI un “santo europeo”, poiché parlò di un unico popolo europeo. A Bobbio egli fondò il monastero di San Colombano, assolutamente da visitare, magari nei giorni della festa.
Colombano è uno dei rappresentanti del mondo monastico che danno origine a quella 'peregrinatio pro Domino', che costituì uno dei fattori dell'evangelizzazione e del rinnovamento culturale dell'Europa. Dall'Irlanda passò (c. 590) in Francia, Svizzera e Italia Settentrionale, creando e organizzando comunità ecclesiastiche e fondando vari monasteri, alcuni dei quali, per esempio Luxeuil e Bobbio, celebri per gli omonimi libri liturgici. La regola monastica che codifica la sua spiritualità è improntata a grande rigore e intende associare i monaci al sacrificio di Cristo. La sua prassi monastica ha influito sulla nuova disciplina penitenziale dell'Occidente. (Mess. Rom.)
Patronato: Motociclisti
Etimologia: Colombano = dolce, delicato
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: San Colombano, abate, che di origine irlandese, fattosi pellegrino per Cristo per istruire nel Vangelo le genti della Francia, fondò insieme a molti altri monasteri quello di Luxeuil, che egli stesso governò in una stretta osservanza della regola; costretto all’esilio, attraversò le Alpi e fondò in Emilia il monastero di Bobbio, celebre per la disciplina e gli studi, dove, benemerito della Chiesa, morì in pace e il suo corpo fu deposto in questo giorno.
Il Santuario fra le nuvole
Prima di scendere verso Bobbio, salgo ancora un pò, e imbocchiamo una stradina che, dopo pochi chilometri, ci porta al Santuario di Santa Maria in Monte Penice, che si trova sulla vetta del monte Penice a 1.460 m. di altezza. La seconda domenica di settembre si svolge puntualmente la Festa del Penice, che prevede l’usanza di pranzare sui prati attorno al Santuario, che da tanto tempo rappresenta una meta di pellegrinaggi ed escursioni a piedi o a cavallo. Un cartello ricorda infatti che ci troviamo lungo le vie della fede in Lombardia. Siamo infatti in un punto di confine, in cui il Comune di Bobbio (provincia di Piacenza e Regione Emilia Romagna) confina con quello di Menconico ( provincia di Pavia e regione Lombardia).
Pare ci sia anche un antico sentiero chiamato “Sentiero medioevale per il Santuario del Monte Penice” che da Bobbio sale fino al santuario. Un giro intorno alla costruzione sacra consente di godere di un panorama eccezionale, che spazia dall’alta Val Tidone alle colline dell’Oltrepò, dalla pianura padana alle Alpi Centrali.
Proseguendo il cammino troviamo questi cartelli che confermano esattamente ciò che era partita come un’ ipotesi che ora si trasforma in certezza. Anche da questa parte dell’ Oltrepo ci si collega alla via Francigena o detta Romea e proseguendo con queste indicazioni si arriva a Bobbio, il cuore della spiritualità monastica, passando parallelamente nei pressi delle strade della Valle Versa chiamate la via degli Abati.
© Istituto Comprensivo di Santa Maria della Versa
Leggi tutto“Un pellegrinaggio è l’atto volontario col quale un uomo abbandona i luoghi conosciuti, le proprie abitudini e il proprio ambiente affettivo per recarsi in religiosità di spirito fino al santuario che si è liberamente scelto o che gli è stato imposto dalla sua penitenza. Dal contatto col corpo del santo egli attende che sia esaudito un suo desiderio e di ottenere un approfondimento della propria vita personale.” (R.Oursel)
Sin dal Medioevo il pellegrino era mosso dalla speranza di recuperare una salute alterata per sé o per una persona cara o per spirito di penitenza.
Egli era vestito di un lungo mantello a forma, appunto, di pellegrina che lo copriva dalla testa ai piedi con un cappuccio o un cappello rotondo a proteggergli la testa sul quale, ancora oggi, vengono spesso attaccati simboli identificatori. Porta infine un bordone, un bastone da marcia, una bisaccia e un rosario. Egli viaggiava senza mezzi affidandosi alla carità e all’ospitalità altrui.
Lungo le strade e i sentieri sorsero gli “ospizi”, vocabolo poi trasformato in “ospedali”, come luogo di accoglienza e di ospitalità sia per i pellegrini che per i monaci e cavalieri che percorrevano questi tragitti. Infatti, ogni monastero aveva annesso degli ospitales (xenodochi) per il ricovero dei poveri, dei malati e dei pellegrini. Secondo le regole monastiche che limitavano l’ospitalità ai tre giorni, gli ospiti pellegrini vi dovevano essere accolti con preghiere e benedizioni, e qui essi vi potevano riposare solo per due giorni, dopo di che erano tenuti alla collaborazione in qualche attività o andarsene.
La Romea o Via Francigena in Valle Versa
Il vocabolo peregrinus, derivante da per, “attraverso”, e ager, “campo”, letteralmente colui che attraversa i campi, indicava una persona sconosciuta, ossia uno straniero, un viandante.
L’asse portante dei flussi di pellegrini era rappresentato dalla strada Romea, via Francigena anch’essa, cioè strada che veniva dalla Francia o che vi andava sulla quale camminavano i pellegrini franchi.
I viaggi erano pieni di imprevisti e pericoli. Si viaggiava in stato di precarietà a piedi, lungo sentieri in terra battuta, in assenza di ponti si attraversavano a guado fiumi e torrenti, con frequenti deviazioni per evitare luoghi infestati dai briganti. Lungo la strada i pellegrini incrociavano altri viandanti come loro, ma pure vagabondi e briganti.
Molti sono stati i santi pellegrini, anonimi viandanti divenuti eremiti o morti lungo il cammino, a cui sono state dedicate cappelle sorte sulle loro sepolture, poste, come San Colombano, San Contardo...
La strada del “Barocius” (vocabolo latino che identifica il carro agricolo a due ruote trainato dai cavalli) di Monteveneroso, ossia la via di costa (oggi strada Roncotti) è una strada mulattiera, che veniva percorsa oltre che da carrettieri anche da romei o pellegrini diretti a lontane destinazioni, ossia il tragitto era uno delle diverse vie in alternativa alla strada Romea o Francigena pedecollinare, come è chiamata da alcuni studiosi in dialetto “La Rumera”, oggi nota come via Emilia.
Oltre alla Romea, esistevano in Oltrepò anche percorsi che da Pavia conducevano all’Appennino in direzione di Genova, porto di imbarco per la Terrasanta. Queste erano le strade che attraverso le valli del Coppa, dello Scuropasso (percorso noto ai bronesi come “strà mulattera”), del Versa, del Bardonezza e del Tidone conducevano all’Appennino e a Bobbio e da qui, oltre che a Genova, la cosiddetta Via degli Abati, che da Bobbio si snodava sull’appennino e attaversava la Toscana. Il nome Via degli Abati, deriva proprio dal suo utilizzo da parte soprattutto degli abati del monastero di Bobbio, diretti a Roma e anche dagli altri monaci provenienti dalla svizzera e dalla Germania che privilegiavano il transito da Bobbio per pregare sulla tomba del Santo prima di proseguire verso Genova o la Toscana.
Questi pellegrini trovavano nell’abbazia di Bobbio, oltre alla tomba del Santo e all’ospitalità, una bevanda a loro particolarmente gradita. Al pellegrino non gli erano mai negati pane e acqua o pane e vino di rimando evangelico. Pare che il monastero di San Colombano fosse celebre anche per la produzione della birra “la gervogia”, tanto che il santo irlandese è protettore dei vignaioli e dei birrai, e abbia introdotto lui stesso il sistema di preparazione della birra nei monasteri da lui fondati.
In questo contesto ebbe rilevanza la Valle Versa, intesa come intera vallata a partire dal punto in cui nasce il torrente Versa sotto Canevino sino alla sua confluenza nel Po a Portalbera. Era questa una dei possibili percorsi romei, insieme alle altre valli oltrepadane e del Tidone, percorse dai pellegrini diretti a Bobbio.
Il pellegrino, una volta traghettato il Po, dietro pagamento di un pedaggio che sarebbe andato al vescovo di Pavia, perveniva sulla sponda di San Cipriano o Portalbera, ove il fiume riceve le acque del fiume Versa. Qui egli poteva trovare ospitalità presso l’ospedale di S.Maria di Portalbera, fondato nel 1114, che sarebbe stato il primo ospedale stradale del territorio pavese.
Oltre il predetto ospedale, sulla via Romea, entrando in Valle Versa, questa volta sulla riva destra del torrente Versa, si incontrava la chiesa campestre di S.Zeno, eretta dai monaci benedettini pavesi e, ai piedi delle colline fra Stradella e Montù Beccaria, quella di S.Andrea. Ciò dimostra che anche le chiese rurali sparse sul territorio, potevano fungere, in caso di necessità, da ricovero provvisorio. Proprio a motivo di poter alloggiare i pellegrini di passaggio, un tempo diverse chiese disponevano di un portico sotto cui potersi riparare. Inoltre non avevano portali in legno ma tutt’al più una tenda a riparo del loro ingresso, ed erano aperte giorno e notte.
Sul versante sinistro del Versa nei pressi di Stradella, in posizione collinare, si trovava la nota basilica di S.Marcello in Montalino. Essa era collegata al torrente Versa mediante una strada derivata dalla Romea che probabilmente toccava la cappella di S.Giacomo, dedicata al santo protettore dei pellegrini e posta nei pressi dell’attuale scuola media.
Dalla valle versa era poi possibile giungere in valle del Tidone per cammini intervallivi, lungo i quali transitavano i pellegrini di S.Giacomo. Si ipotizza che si saliva da Soriasco, Pizzofreddo e poi per la strada della Costa, oppure da Golferenzo o Volpara per Vicobarone, Ziano Piacentino e ricongiungersi alla via Francigena in Val Tidone. Questa si sovrapponeva ad un antico percorso romano noto come via dei Pellegrini. Su questa strada, nei pressi di Torrone, un podere agricolo porta il nome de la “Cumpustela” che si collega in modo esplicito al percorso di S.Giacomo a Santiago de Compostela.
Per collegarsi al Tidone e quindi alla val Trebbia si poteva, inotre, risalire verso l’alta val Versa passando da Montecalvo Versiggia, Caseo fino a Canevino, quindi Ruino e il santuario di Montelungo dove si incontrava un’altra strada percorsa dai pellegrini, quella della val Coppa che andava in vallescuropasso, per poi proseguire da Camminata a Nibbiano verso la val Trebbia.
Nel Seicento le strade della vallata erano diventate insicure per la presenza dei banditi, comunemente detti “i balòss”, per questo erano presenti una fitta trama di altre carrarecce, mulattiere e sentieri collinari trasversali alla valle che venivano percorse in alternativa alla Romea sia da pellegrini che da contadini.
Una di queste è quella detta la piacentina, che metteva in comunicazione le colline sopra Castel San Giovanni che da Creta e Vicobarone collegavano la valle Versa attraverso il crinale montuese di Bergamasco e da Loglio, casa Colombi nei pressi della quale c’era il castello di Figaria e Castana si collegavano alle valli del rio Pulice e dello Scuropasso, che risalendo da Cigognola e Pietra de’ Giorgi si ricollegavano alla via Romea (attraverso la chiesa di Castagnara, le località di Case Pelosini e Pozzo, equidistanti dai castelli di Pietra e Cigognola.
Al castello di Castana, in epoche medievali, si teneva il mercato, luogo di attrazione commerciale e da cui passavano anche i pellegrini provenienti dalle chiese campestri della media valle Versa, da Montarco, Cella dove esisteva una chiesa dedicata a S.Colombano, Francia per recarsi attraverso la strada detta della Colomba in direzione Broni.
Un’altra derivazione della piacentina era la strada che dalle colline piacentine arrivava in Valle Versa e poi risaliva da Ca’ d’agosto in direzione Cassinassa e Casa Colombi, arrivava a Castana, con la sua chiesa un tempo dedicata a S.Maria e poi a S.Andrea apostolo, con Montarco con il castello e chiesa dei Santi Nazario e Celsio, e Cella sede probabile dell’oratorio di S.Colombano con annessa chiesa campestre dedicata al Santo, proseguendo si poteva poi salire dalla strada di costa delle Filippine in direzione di Francia con la chiesa di S.Martino, Montecalvo e Canevino e quindi l’alta valle Versa.
Queste strade alternative venivano usate in dipendenza di eventi naturali o politici che causavano problemi di insicurezza al transito lungo la strada principale Romea.
Dalla frazione Tassarole di Montù incominciava la strada della Guardia, probabilmente prendeva il nome dalla Torre della Guardia lì localizzata, distrutta dai piacentini nel 1216 scendeva lungo il versante fino al Versa e da Beria risaliva verso Torre Sacchetti e proseguiva per Montebruciato fino a Stradella lungo i sentieri della valle Solinga, della Fontana in direzione Stradella. Da Canneto, attravero la costa di Fornace, si giungeva a Colombarone e quindi allo Scuropasso e a Broni.
C’era poi la via pubblica consistente nelle mulattiere che scendevano dalle colline fino in valle tra Loglio di Sotto e Begoglio e passava più a monte della provinciale attuale per Bolzo e i due Ruinello per terminare più in alto a Cà Cristina. Tra cà del Frate e le vicine località Ruinello, era localizzato l’Hospitale de Betlem, sul lato sinistro del Versa.
In val Versa era possibile la presenza di uno Xenodochio o ospitales di San Benedetto che vaceva parte del monastero di S.Colombano di Bobbio ed un altro xenodochio nei pressi di Begoglio.
© Istituto Comprensivo di Santa Maria della Versa
Leggi tuttoE’ un percorso di circa 7 chilometri, che interessa una strada interpoderale, un tratto di provinciale ed una strada comunale declassata.
Parte dalla scuola, sita in via Moravia di Santa Maria della Versa e termina presso la piscina comunale.
Sul percorso si notano tante specie botaniche, ma in particolare svettano le querce, che hanno permesso di denominare il percorso “Il sentiero delle querce”.
© Scuola Primaria di Santa Maria della Versa
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